INCONTRI
Nel 2014 è arrivata l’urgenza di raccontare i miei INCONTRI a Trieste. Ormai era la mia città: meglio di Roma, più mia di Berlino.
Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano, scriveva Paulo Coelho. Forse sì, erano già combinati da tempo. Ma è scattata l’urgenza di trasformare l’olio su tela nei segni del destino quando ho sentito mia la città, cavalcandone i venti con l’idea – poi diventata scultura, ma questa è un’altra storia – del trasformare una minaccia in risorsa.
Colori grassi, vividi come vivida è la storia di questa parte di Italia che forse proprio Italia non è. Un angolo a est che sa di nord Europa e di penisola Balcanica. Una città sacra che sa riempirsi di vele con la Barcolana, ma che è riuscita a fermare per sempre nel suo cuore le passeggiate dei quattro scrittori di bronzo che sembrano muoversi ancora, se rimani a fissarle per un po’. E così ti sorprendi a parlare con Italo Svevo dell’u.s., l’ultima sigaretta di Zeno, o a guardare l’orizzonte dal ponte attraversato da James Joyce, o a cercare la pipa rubata a Umberto Saba. O, infine, a sederti accanto a Gabriele D’Annunzio per capire cosa stia leggendo di così interessante.
Ditemi che non vi è capitato almeno una volta. A me sì. E il periodo in cui mi è capito più di tutte le altre rientravo in atelier a raccontare quello che avevo appena vissuto. O che avrei voluto vivere.
Spesso s’incontra il proprio destino nella via che s’era presa per evitarlo.
[Jean de La Fontaine]